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La Testa del Moro

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C'è un rituale che compio, dopo ogni Luna Piena. Rientro la mattina molto presto, e vado dai miei figli. Non importa se stiano dormendo con Fiore, Elinne o Deliad. Li raccolgo dal giaciglio che li ha accolti per la notte, i corpi ancora tiepidi e profumati, e li porto nella stanza con me. Mese dopo mese, è un compito decisamente più difficile. Crescono, diventano pesanti. Vorrei avere 8 braccia, come la mia Kalì. Diciamo che ora comprendo, perché sia anche - in alcune sue manifestazioni - associata alla maternità. Ci ritroviamo tutti insieme nel lettone, stretti stretti, vicini vicini, i loro cuori di nuovo a scalpitare impazziti poggiati sul mio.   Eyr dorme sempre, ogni volta. Distribuisco baci sulla sua testolina bruna, lei ogni tanto sorride nel sonno, ma non si sveglia quasi mai. Dormi, cuore mio, piccola gemma. Riposa tra sonni felici, in questi tuoi anni dolci, dove sei talmente piccola che il letto ti pare infinito ed anche se ti ci spiaggi sopra ne occupi solo una minima

Fine. Ed inizio.

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Quante parole servono per spiegare che certe cose non funzionano più e che non ne puoi più di sopportare? Per quantificare la tua delusione, che ha assunto proporzioni astronomiche e che ti bussa sullo stomaco da tempo, ormai. Per rompere ogni singola catena, che di nuovo ti sei messa, e di nuovo per volontà non tua. Quante parole servono per motivare ciò che pensavi non sarebbe mai accaduto, eppure accade, e per dare un senso ad ogni orrenda cosa che senti, e al non sentire più ogni splendida cosa degli inizi? Quante parole sono necessarie per prendere il coraggio di affrontare la realtà, maturare che ciò che è stato non è e non sarà più, e che ciò che ora è non solo non ti basta, ma frusta ogni tua passione, intenzione, bellezza? Quante parole occorrono per afferrare, questo coraggio, e togliere i paraocchi, e andare a muso duro verso l'unica, possibile, strada? Per afferrare la speranza, che poverina era già bella che ridotta, e strangolarla rabbiosa tra le dita fino a farla, de

C'era una volta (e forse, c'è ancora)

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C’era una volta, oltre i monti e le colline, al di là dei fiumi e di ogni mare conosciuto, un deserto molto particolare. Durante la breve stagione delle piogge finiva con l’allagarsi, completamente, ed il terreno diveniva un piccolo lago celeste, nel quale il cielo – più azzurro che in qualsiasi altra parte del mondo - si specchiava vanitoso dando l’impressione che ogni confine tra terra e aria si diluisse fino a scomparire del tutto. Quando poi l’acqua, lentamente, si ritirava restavano sulla superficie sabbiosa del terreno fiori di sale purissimo. I petali, croccanti e candidi, rilucevano sotto il sole cocente e da lontano davano l’impressione che il deserto fosse colmo di neve. La qualità e la quantità del sale che si ricreava a seguito di tale fenomeno spingeva numerose tribù nomadi, poco dopo la stagione delle piogge, ad accamparsi lungo tutto il suo limitare per raccoglierlo manualmente fiore dopo fiore, petalo dopo petalo, e rivenderlo in giro per il mondo. In una di queste trib

Il vento continua a soffiare

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  Scirocco batte da Meridione. Si infila di prepotenza tra i teli della tenda, li gonfia come bolle di sapone, fa tintinnare i pendagli ed i decori appesi ai suoi pannelli. Solleva un po' di sabbia, la getta sull'incastro dei nostri corpi, ma non ce ne curiamo troppo. C'è la mia pelle scura, contro la tua chiara, e ci sono discorsi fatti di nulla, sereni come il cielo d'estate, leggeri com'è leggero questo vento, come la seta del mio abito che resta a terra, sparpagliato nella confusione di cose mie e tue. Nostre. C'è la mia risata, mentre ti imbocco e mi mordi le dita, e poi c'è anche la tua. Che orgoglio mi da sapere che questa gioia te le strappo solo io dalla gola. Non che tu di base non rida, non sia felice. Ma questo modo che hai di sorridere, che ti accende gli occhi e ti distende il viso, è solo mio. Nostro. Ti rende un ragazzino, Erendis , intrappolato in un gigante, spirito lieve che dimentica tristezze, delusioni e affanni. Ed io resto una ragazzi

Di Baratti

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E ho barattato un mucchio di dolore per un cuore più grande di tre taglie. E rik - E yr - E ivor  Papà lo diceva che ero una brava commerciante. Abbiamo definitivamente smesso di essere due, ci siamo declinati in cinque, e i piccoli non sono più esclusivamente parte di me, sono diventati tre "loro", un loro che racchiude un po' di me ed Erendis, e che andrà a spasso per il mondo per conto proprio, cominciando su piccoli  - microscopici - piedini. Io già lo so che più avanti, nel tempo, tenderò a dimenticare. I litigi, le cose belle, le cose importanti. Smarrirò i miei ricordi, e gli odori che ora conosco a memoria diverranno sentori soffusi come certi profumi sulla stoffa tra un cambio stagione e l'altro. Diluirò alcuni visi, confondendone i contorni ed i colori, la grana delle pelle, le rughe e la cicatrici. E perderò, inesorabilmente, nel labirinto della mia memoria parole ed episodi a me ora carissimi e vividissimi. Ma so, allo stesso modo, che non potrò mai in nes

Aspettando

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L'acqua ha sempre una gran fretta. Persino quando è immobile, contenuta in un vaso o in un bicchiere, dentro di lei è tutto un brulicare di vita, un fermento di attività invisibili. Ne era convinto mio padre, ed era solito ripetermi che un giorno gli uomini avrebbero sbirciato nel mistero delle acque, nelle profondità dei mari, così come nella vastità dei cieli. Ero e resto scettica, sul fatto che l'uomo un giorno compirà simili miracoli. Ma ero e resto convinta, che sull'acqua avesse ragione. Perché neppure io conosco mai vera quiete. E perché, in effetti...anche dentro di me, adesso, c'è brulicare di vita.

Diari della Luna Piena - Cucciola - Prima Luna

Prima Notte C'è un Lupo Bianco, di fronte a me, quando spalanco gli occhi. Ho come l'impressione di averlo già visto, da qualche parte, ma non ricordo dove, né quando. Non lo conosco, eppure lo conosco . Che strano. Che si sia trattato di un sogno? Che l'abbia incontrato in un luogo sepolto nella mappa della mia mente? Già. La mia mente. E' come se avessi alcuni...buchi. Per esempio, come ci sono arrivata qui, nei pressi di questa grotta? Dov'ero prima? Sono sola in questo mondo? E che cos'è questo odorino? Il Lupo Bianco si avvicina, e mi distraggo nuovamente. Diamine. Non riesco a stare concentrata per più di una manciata di minuti su una cosa sola. E' piuttosto imponente come Lupo, mi sento piccolissima vicino a lui. Ma non è solo quello, non è solo per la stazza. Mi fa sentire piccola, nel senso generale e ampio del termine. Inesperta, acerba, nuova. Lui invece pare stare qui da sempre. Forse, se mi sforzo, riesco a vedergli delle radici spuntare da sott